Di Cristina Carpenedo
L’evoluzione della Tassa rifiuti ha travolto la vecchia modalità di riscossione che poggiava sulla formazione di una lista di carico, il cosiddetto ruolo spontaneo, da affidare al vecchio esattore. La lista di carico era la liquidazione calcolata dal comune sulla base delle dichiarazioni rese dall’utente e degli accertamenti d’ufficio definitivi. Elementi che qualificavano questo tributo riscosso come liquidato d’ufficio, situazione che si contrappone all’autoliquidazione tipica della vecchia ICI e oggi propria dell’IMU e della TASI. La differenza d’impostazione è notevole. Liquidare d’ufficio un’entrata significa che fino a quando le bollette non giungono all’indirizzo del destinatario, non è possibile parlare di inadempimento del contribuente, perché è l’ente che deve fissare la scadenza e raggiungere data certa della richiesta. Nella riscossione a mezzo ruolo, al mancato pagamento del ruolo spontaneo seguiva la cartella coattiva senza intermezzi e sanzioni per il mancato pagamento. I comuni che invece agivano in riscossione diretta (riconosciuta con l’articolo 52 del d. lgs 446/97) provvedevano a inviare, con raccomandata, un sollecito di pagamento. Qualora perdurasse l’inadempimento, si poteva procedere sia con l’emissione di un avviso di liquidazione con applicazione della sanzione al 30% per omesso pagamento (articolo 13 d. lgs. 471/97), sia direttamente con la riscossione coattiva (ruolo o ingiunzione) applicando in questa fase la sanzione. In entrambi i casi il metodo regge perché si tratta di una entrata liquidata dall’ente. Con l’ingresso prima della TARES e poi della TARI, non si parla più nella legge istitutiva di liquidazione dell’ente ma ci si limita a dire che l’ente invia il modello di pagamento precompilato. Questa formula non è sufficiente a dire che siamo ancora nel meccanismo di liquidazione dell’ente, bensì permette di scegliere. E’ possibile infatti mantenere la liquidazione d’ufficio oppure passare a una modalità più assistenziale. Nel primo caso l’ente si obbliga ad adempiere alla liquidazione ed è solo con la notifica di un atto che fissa la scadenza. Nel secondo caso devono essere chiari e noti i termini di pagamento per un tributo che verrebbe trasformato in autoliquidazione pur con l’ausilio dell’ente. Anche la TIA1 dopo la dichiarata natura tributaria si colloca su questo filone. Le linee guida del MEF sul regolamento Tares hanno segnato una traccia importante consigliando all’articolo 36 l’adozione di una disposizione che prevede la riscossione del tributo dovuto in base alle dichiarazioni inviando ai contribuenti, anche per posta semplice, inviti di pagamento che specificano per ogni utenza le somme dovute per tributo, maggiorazione e tributo provinciale. Al contribuente che non versi alle prescritte scadenze le somme indicate nell’invito di pagamento è notificato, anche a mezzo raccomandata A.R. e a pena di decadenza entro il 31 dicembre del quinto anno successivo all’anno per il quale il tributo è dovuto, avviso di accertamento per omesso o insufficiente pagamento. L’avviso indica le somme da versare in unica rata entro sessanta giorni dalla ricezione, con addebito delle spese di notifica, e contiene l’avvertenza che, in caso di inadempimento, si applicherà la sanzione per omesso pagamento di cui all’articolo 35, comma 1, oltre agli interessi di mora, e si procederà alla riscossione coattiva con aggravio delle spese di riscossione.
Il ministero indica una procedura che ripropone la liquidazione d’ufficio, nella consapevolezza che il meccanismo di autoliquidazione mal si adatta alla tassa rifiuti dopo anni di riscossione con bolletta di pagamento.
Anche l’IFEL nelle Faq Tari del 15 aprile 2016 evidenzia come le norme sul pagamento della Tari stabiliscano che i versamenti debbono essere effettuati in autoliquidazione alle date di scadenza delle rate fissate dal regolamento comunale o in un’unica soluzione entro il 16 giugno dell’anno di riferimento 2 (comma 688, art. unico legge 147 del 2013). In tal caso a carico del Comune c’è solo l’obbligo di informare il cittadino circa l’importo che deve pagare ed eventualmente con l’invio di una comunicazione e di un modello di pagamento precompilato. In questo caso eventuali omessi o tardivi pagamenti debbono essere sanzionati con le modalità previste dalla relativa normativa e possono essere sanati con l’eventuale utilizzo del ravvedimento operoso. Il Comune che invece modifica le modalità di pagamento, adottando – come accade nella grande maggioranza dei casi – dispositivi di liquidazione d’ufficio, deve indicare tale scelta con una apposita norma regolamentare. In questo caso, la normativa deve delineare la procedura che si intende seguire, dall’ invio di un modello di pagamento precompilato con la fornitura di tutte le informazioni sul tributo che deve essere pagato, agli eventuali solleciti bonari, alla notifica di un avviso di accertamento per omesso o parziale pagamento. In assenza di una norma regolamentare in tal senso, il Comune si trova a dover notificare a tutti coloro che non hanno pagato nei termini previsti un avviso di accertamento, le relative sanzioni, e a chi ha pagato tardivamente un provvedimento di irrogazione di sanzioni.
Per comprendere come dobbiamo agire è quindi necessario partire da quello che è stato scritto nei regolamenti comunali in ordine agli atti da notificare in caso di mancato pagamento. Le indicazioni ministeriali hanno rappresentato una novità perché legittimano l’applicazione della sanzione non contestualmente all’accertamento ma in sede di recupero coattivo. Va comunque evidenziato l’importanza che entro i termini di decadenza indicati dal comma 161 dell’articolo 1 della legge 296/2006 si raggiunga la notifica di un atto tributario tipico idoneo a consolidare la pretesa.
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