di Cristina Carpenedo
Recenti decisioni di alti giudici aggiungono nuove soluzioni al trattamento dell’esenzione ICI/IMU a favore degli enti non commerciali. Per quanto sia diventata abbastanza chiara la comprensione dei requisiti che devono essere indagati per il riconoscimento dell’esenzione, la realtà spesso si presenta giuridicamente complessa, rendendo difficile la risposta a casi che sembrano quasi a rigor di logica esenti. Si pensi alle sale utilizzate da associazioni locali no profit o circoli ricreativi concessi in comodato da realtà comunali o religiose, piuttosto che all’asilo nido parrocchiale. Tutte realtà che si sono scontrate col requisito dell’utilizzo. Gli enti non commerciali sono da tanti anni oggetto di vicenda travagliata, dovuta alle diverse scritture della lettera i) del comma 1 dell’articolo 7 del d. lgs. 504/92 e all’apertura di una procedura di infrazione conclusasi con l’intervento normativo del d.l. 1/2012 art. 91 bis, che ha circoscritto le cosiddette attività meritevoli. Dal punto di vista soggettivo, si tratta di enti pubblici o privati diversi dalle società, residenti nel territorio dello Stato (associazioni, comitati, fondazioni, consorzi, circoli, club, accademie, congregazioni, ecc.), che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali. Con questo non significa che un’associazione non possa svolgere alcuna attività di natura economica ma l’attività di tal tipo esercitata, caratterizzata dalla vendita di beni o servizi, non deve avere carattere esclusivo e prevalente rispetto a quella istituzionale, ossia deve essere strumento per il reperimento dei fondi necessari per il raggiungimento degli scopi sociali di natura ideale. Dal punto di vista oggettivo, gli immobili o porzioni di essi che possono accedere all’agevolazione devono essere destinati a una delle attività meritevoli previste dalla stessa lettera i), meglio declinate in dettaglio dal dm 19/11/2012 n. 200. Il dm descrive quali sono i requisiti che le attività assistenziali, previdenziali, sanitarie didattiche, ricettive, culturali e ricreative devono avere e secondo quali parametri si valuta l’utilizzo promiscuo. Contestualmente gli enti non commerciali sono stati chiamati a rendere apposita dichiarazione telematica obbligatoria entro il termine ultimo del 30 novembre 2014 per le situazioni riferite al 2012 e 2013, termine che sposta la dead line del recupero d’imposta al 31.12.2019.
Chiarito questo ambito fondamentale resta il nodo della forma di utilizzo che la norma collega in modo diretto allo stesso titolare del diritto reale sull’immobile. Sostanzialmente, deve esistere identità di soggetto tra il titolare del diritto reale e il suo utilizzatore. La giurisprudenza con diverse decisioni che si sono susseguite nei diversi anni (SSUU 28160/2008), ha dato una interpretazione molto restrittiva della norma, almeno fino a quando non sono stati rotti gli argini con la decisione della Cass 25508/2015, che ha riconosciuto il beneficio anche in caso di comodato tra enti non commerciali, nella restrittiva ipotesi di utilizzo in forma gratuita da parte di altro ente non commerciale con rapporto di stretta strumentalità rispetto al concedente, tale per cui senza quel ente utilizzatore non sarebbe possibile nemmeno per il concedente raggiungere i suoi meritevoli fini. Si tratta di un riconoscimento ben più restrittivo rispetto a quello di prassi definito nella risoluzione 4/DF del 4 marzo 2013, che adotta come discrimine il reddito percepito dal possessore in sede di locazione, rispetto alla gratuità del comodato. Il nuovo indirizzo della Cassazione ha trovato applicazione nella recente pronuncia 13542/2016 nella quale si è ritenuto meritevole il nuovo filone di pensiero, pur in presenza di un caso nel quale il comune aveva esercitato la propria potestà regolamentare blindandone l’utilizzo diretto. Su questo punto è stata più rigorosa l’ultima pronuncia espressa con decisione 14913/2016, che ha invece riconosciuto pari dignità tra norma nazionale e norma regolamentare avente così pieno titolo, almeno fino al 2011 quando si poteva applicare, a restringere le condizioni di utilizzo. Di fronte a questo excursus è evidente che si sta aprendo un nuovo filone di pensiero che alimenta le richieste di esenzione ponendo i comuni in difficoltà nel cercare la corretta interpretazione. Ad oggi abbiamo la possibilità di riconoscere il beneficio anche in caso di utilizzo da parte di altro ente non commerciale, in forma gratuita e purchè ci sia una strumentalità tra i due per il perseguimento delle finalità, che va dimostrata dall’interessato. Certamente la pronuncia più ampia del Mef alimenta i contenziosi ma, allo stesso tempo, testimonia la difformità interpretativa che regna sul campo offrendo elementi di buona fede anche a favore del funzionario.
.
Commenta per primo