di Cristina Carpenedo
Era il 1° ottobre 2006 quando Riscossione SpA, oggi Equitalia, iniziava l’attività pubblica affrontando un’operazione societaria senza precedenti, che riprendeva uomini e mezzi dagli attori di allora, dotata di un capitale di 150 milioni di euro e accompagnata da una sanatoria delle irregolarità commesse dai concessionari. I vecchi esattori furono liquidati dallo Stato e i nuovi agenti si accollarono i residui di gestione. Dall’operazione sono nate anche le cosiddette scorporate, che ancora operano negli ambiti non acquisiti da Equitalia, e Riscossione Sicilia SpA, analoga alla sorella nazionale. La norma guida è l’unico articolo 3 del dl 203/2005, un complesso di commi che, per molto tempo, ha dettato anche le cadenze temporali dei termini di presentazione delle inesigibilità derivate da un procedimento di riscossione ancora contenuto nel d. lgs. 112/99 e nel dpr 602/73. Per l’occasione furono potenziate alcune misure, come il pignoramento diretto dei crediti presso terzi e la creazione dell’anagrafe dei conti. Siamo ora di fronte a uno stop che prevede un cambio di casacca dopo (questo va ricordato) le minacce derivate dalla paventata violazione della disciplina europea sugli aiuti di Stato e la possibilità di finanziamento con un aggio di legge. Non esisterà più Equitalia ma un nuovo soggetto, che dovrebbe avere l’anima dell’ente pubblico e non della società di diritto privato.
Anche questa volta l’operazione guarda ai carichi pregressi. Le dimensioni fallimentari di quindici anni di ruoli si leggono nelle parole della Corte dei Conti sul rendiconto dello Stato per l’anno 2015. L’analisi evidenzia che il cosiddetto magazzino Equitalia, tenuto conto delle primarie vicende della riscossione (fallimenti, eredità e visure patrimoniali negative), presenta una capacità di realizzo del 5%. Da qui l’idea di una definizione agevolata che coinvolga tutti i ruoli consegnati dal 2000 al 2015, ad eccezione delle esplicite esclusioni previste dalla stessa norma. Agenzia delle Entrate, Inps, CCIAA, consorzi, tutti coinvolti nella sanatoria che prevede di chiudere il debito pagando il credito principale (tributo, canone, tariffe ecc), l’aggio e le spese di riscossione. Una formula che, per i tributi erariali porta a dimezzare il carico. La proposta che sarà presentata ai contribuenti è “vuoto per pieno”, vale a dire tutto l’incontestabile conto presente nelle scritture contabili Equitalia, indipendentemente da questioni di decadenze, prescrizioni o notifiche perfezionate. Per aderire è infatti necessario rinunciare all’eventuale contenzioso pendente e presentare una dichiarazione relativa ai carichi esistenti, sui quali l’agente effettuerà il ricalcolo. Sibillina la parte che prevede la ripresa della riscossione dei carichi contenuti nella dichiarazione qualora non si provvedesse al pagamento nel rigoroso rispetto dei termini.
A chi conviene l’operazione? Probabilmente ai contribuenti con carichi pendenti iscritti in ruoli dell’ultimo quinquennio (minor rischio notifica e prescrizione) e non di valore eccessivo. Il tempo concesso non sarà così lungo per pagare un debito sul quale le banche già da tempo non concedono liquidità. Indubbiamente l’operazione conviene allo Stato che, di fronte al paventato 5% del valore di magazzino, spera di recuperare subito denaro ovvero guadagnare il consolidamento della pretesa sulle definizioni che non saranno concluse. Per regioni province e comuni la decisione sembrava rimessa alla potestà di ciascuno ma, nel testo definitivo, la definizione sembra automatica. In tal caso la legge metterebbe mani sui conti locali senza dare nulla in cambio. L’operazione dovrà essere valutata dall’ente locale sulla base delle proprie scritture contabili con particolare riferimento all’entità dei residui attivi derivata dalle regole di riaccertamento. La definizione potrebbe avere comunque un suo vantaggio indiretto, che si può comprendere leggendo la disciplina scritta sulle inesigibilità con la legge 190/2014. Le cosiddette inesigibilità della riscossione potranno essere valutate gradualmente nel tempo, secondo una cadenza temporale a fisarmonica che arriverà fino al 2033. Il potere di contestazione è fortemente limitato da regole di controllo a campione, precluso sui carichi fino a 300 euro, con un procedimento che si conclude mediante il pagamento di un ottavo del carico iscritto a ruolo. Il condono di fatto dovrebbe limitare i danni in vista della quasi impossibilità di ottenere un risarcimento per la cattiva gestione pregressa. Una conclusione dettata dai risultati di una riscossione fallimentare, crollata sulle regole di notifica e sui tempi di prescrizione.
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