Che la riscossione dei comuni sia sempre stata un caos, lo conferma la scheda di lettura al dl 193/2016 contenuta nel dossier del Senato. Tutto parte dall’articolo 2 del dl 193/2016, che scrive le norme per la futura riscossione locale. Al comma 1 si prorogano gli affidamenti in corso fino al 31 maggio 2017, al comma 2 si dispone sulla possibilità dei comuni di continuare le attività col nuovo riscossore nazionale e al comma 3 si dice che ogni anno, entro settembre, gli enti locali potranno deliberare l’affidamento al riscossore nazionale. Un insieme di commi che poggia su un pilastro fondamentale: non ci sarà più una spa bensì un ente pubblico economico. Nella scheda di lettura al decreto, si sollevano tutte le questioni collegate alla modalità di scelta ed eventuale affidamento di un servizio la cui natura giuridica è stata oggetto di diverse pronunce giurisprudenziali, anche al fine della sua configurazione come concessione di servizi (Consiglio di Stato sent. n. 5566 e 4510 del 2010), a cui applicare le norme del codice dei contratti, o di un appalto pubblico di servizi (Cons. Stato n. 1878 del 2006, nel caso ad esempio di attività strumentali). E’ stato, altresì, precisato che la riscossione dei tributi locali costituisce svolgimento di un’attività di servizio pubblico (Cons. Stato n. 3672 del 2005 e n. 5284 del 2014). A legislazione vigente, le attività individuate come servizio pubblico possono essere gestite dall’ente locale competente all’organizzazione del servizio in una delle seguenti modalità: affidamento mediante procedura ad evidenza pubblica, anche a società a capitale misto pubblico-privato, ovvero gestione diretta mediante affidamento in house, o – limitatamente ai servizi diversi da quelli di rete – mediante azienda speciale o gestione in economia. Di rilievo il passaggio nel quale si ricorda che la scelta delle modalità di gestione è effettuata con provvedimento motivato dell’ente competente, che dà conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento dal diritto europeo per la forma di gestione prescelta. Il provvedimento deve, altresì, dare specificamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato. Accanto all’analisi sul tema della modalità di affidamento, si richiamano le norme sugli strumenti della riscossione locale, come disegnati dal dl 70/2011 lettere gg quater) quinquies) sexies) e septies). In particolare la lettera gg quater) riprende il già vigente sistema di riscossione mediante ingiunzione fiscale anche nella modalità rafforzata (simil – cartella) e lo rende esclusivo per il coattivo del comune.
Alla luce del complesso e distonico quadro normativo che può portare a interpretazioni molto diverse soprattutto in ordine a cosa potranno fare i comuni, in attesa che ci sia un intervento chiarificatore sul testo, proviamo a tracciare alcune conclusioni:
- Il comma 1 dell’articolo 1 del decreto legge 193/2016 mantiene in vita Equitalia fino al 30 giugno 2017.
- Il comma 1 dell’articolo 2 (riscossione locale) proroga i contratti in corso dei comuni (e società) sia con il gruppo Equitalia sia con tutti gli altri iscritti all’albo fino al 31 maggio 2017
- Il comma 2 del medesimo articolo 2 permette ai comuni e alle società dei comuni di continuare ad avvalersi della riscossione nazionale con riferimento a tutte quelle attività gestite da Equitalia mediante la proroga, solo adottando apposita deliberazione entro il 1 giugno 2017. Sostanzialmente questo consente di portare i carichi Equitalia in capo al nuovo ente nazionale che li riprenderà a suo nome dal 1 Luglio 2017. Per quanto riguarda gli affidamenti fatti agli altri iscritti all’albo, compresi gli scorporati subentrati ad Equitalia, limitatamente a quelli scaduti ancora gestiti con la proroga, cessano al 31 maggio 2017. Benchè infatti il comma 2 richiami la riscossione del comma 1, che in realtà non riguarda solo Equitalia bensì anche gli altri iscritti all’albo, quando dispone sulla facoltà di continuità, lo fa solo a favore del riscossore nazionale.
- In ogni caso è possibile ricorrere all’ingiunzione di pagamento
E qui finiscono le certezze. Per il resto possiamo già delineare le problematiche che saranno oggetto di grandi discussioni e che sono tutte centrate sul comma 3 dell’articolo 2 del dl 193/2016 nel quale si legge che entro il 30 settembre di ogni anno, gli enti locali possono deliberare l’affidamento dell’esercizio delle funzioni relative alla riscossione al soggetto preposto alla riscossione nazionale.
La norma presenta un ambito di applicazione esteso che riguarda tutti gli enti locali, non solo i comuni, mentre non si citano le società pubbliche. Viene scritta una regola finalizzata a dare copertura sul piano nazionale per tutta la riscossione pubblica. Nessun ente potrà dirsi scoperto per la funzione di riscossione. Il nodo della questione diventa come applicare questa norma sul mondo dei comuni in presenza di altre disposizioni che prevedono di ricorrere all’ingiunzione di pagamento o in forma diretta o mediante altri soggetti abilitati nel rispetto delle regole di affidamento in materia di servizi locali a rilevanza economica. L’intento del comma 3 è quello di ammettere il ricorso al ruolo a prescindere da ogni qualsivoglia valutazione posto che il nuovo soggetto non è più una spa bensì un ente pubblico, oppure questo ricorso è solo sussidiario in subordine a situazioni che motivano il mancato ricorso all’ingiunzione?
L’analisi che si legge nella scheda del servizio studi del Senato raggiunge quest’ultima conclusione. Il servizio di riscossione rientra tra quelli che possono essere gestiti in modo alternativo rispetto al sistema nazionale, ragion per cui, l’eventuale ricorso al nuovo ente pubblico di riscossione dovrà essere motivato e indicare le ragioni del mancato ricorso al mercato o ad altra forma di gestione. E’ di tutta evidenza che il testo del decreto necessita di un intervento che chiarisca i rapporti con le altre norme della riscossione locale, non solo per l’adozione di un provvedimento legittimo sulla forma di riscossione che i comuni possono adottare, ma anche per evitare contenziosi sull’idoneità dello strumento. Nel frattempo è indubbio che un comune possa ricorrere all’ingiunzione di pagamento in forma diretta, o mediante le società pubbliche e gli iscritti all’albo. Resta da capire quando e come un comune possa ricorrere al ruolo gestito da un ente pubblico che sembra garantire la funzione sussidiaria.
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