Torna il tema della legittimazione ad emettere ingiunzione fiscale. Il Tribunale di Milano, con sentenza 12235/2016, si esprime sul titolo notificato da una SRL, controllata da una Holding, per il recupero del servizio idrico non versato da un condominio. Un atto che mostra lacune anche nel merito della pretesa di fronte alla mancata prova, non fornita dal gestore, dell’avvenuto allacciamento alla rete del servizio. Le parole più dure si leggono nella seconda parte della sentenza, che disconosce alla società la possibilità di ricorrere alla procedura di ingiunzione prevista dal regio decreto 639/1910. Secondo il Giudice, trattandosi di norma eccezionale che delinea un procedimento speciale alternativo al cpc, non può essere utilizzata da soggetti diversi rispetto a quelli che la norma stessa individua nell’articolo 1, vale a dire, lo Stato e gli enti pubblici in genere. Conclusione che porta ad escludere dal regio decreto le società di diritto privato, anche quando caratterizzate dalla partecipazione pubblica.
Ora, se partiamo dalla regola che il giudice risponde alla domanda posta, possiamo dire che la sentenza è logica. Il regio decreto 639/1910 nasce per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici così come fu scritto nel 1910 all’articolo 1 del decreto, mai rivisto sul punto. Una società privata può emettere l’ingiunzione fiscale del regio decreto sulla base di altre norme che assegnano la potestà di accertamento e riscossione dell’entrata. La sentenza in commento infatti mette in discussione sia la fase dell’accertamento dell’entrata sia quella della riscossione, entrambe proprie dell’ingiunzione fiscale che, quando non assume forza accertativa, rimane caratterizzata dalla forza precettiva.
Con la fine del monopolio del ruolo esattoriale, diverse norme consacrano il sistema binomio della riscossione pubblica privilegiata che colloca, accanto alla cartella esattoriale, l’ingiunzione di pagamento, utilizzabile non solo nella versione originaria delineata nel 1910, ma anche in una successiva versione rafforzata, che permette di applicare i meccanismi diretti della cartella esattoriale. Tutto è partito con il comma 6 dell’articolo 52 del d. lgs 446/97 che, dopo la sua abrogazione, ha lasciato spazio all’articolo 36 comma 2 del dl 248/2007 e alla lettera gg quater dell’articolo 7 comma 2 del dl 70/2011. Si tratta di norme che hanno il pregio di estendere l’utilizzo dell’ingiunzione fiscale non solo a comuni, ma anche a tutti i soggetti contemplati nel comma 5 del citato articolo 52, vale a dire società pubbliche, società miste pubblico/privato, società iscritte all’albo nonché enti pubblici in genere. Non è una formula che comprende tutte le società private ma solo determinati soggetti con requisiti ben precisi, che vanno dimostrati di volta in volta. E’ determinante, in tal senso, che l’ingiunzione indichi nelle premesse i fondamenti normativi e di competenza che legittimano l’esercizio di tale potere. Diversamente è atto carente di requisiti essenziali che attengono direttamente all’individuazione del soggetto idoneo ad emettere l’atto, aspetto che non emerge nella cartella in quanto emessa dall’unico concessionario nazionale del ruolo.
Possiamo invece discutere sull’affermazione scritta nella parte finale della sentenza, che mostra tutta la sua contraddizione nell’affermare che … le società miste integralmente pubbliche sono prive del potere di autoaccertamento dei tributi (!)…. Nell’attuale ordinamento le società miste, per fare ingiunzione, abbisognano dell’iscrizione all’albo della riscossione (art. 53) perché non sono pubbliche amministrazioni, mentre lo sono le società integralmente pubbliche. Dal punto di vista soggettivo, le società pubbliche con affidamento in house rientrano tra le Amministrazioni pubbliche, come si legge nella deliberazione n. 24/SEZAUT/2015/FRG della Corte dei Conti relativa a “Gli organismi partecipati dagli enti territoriali”. A pagina 27 della relazione si procede all’individuazione delle Amministrazioni pubbliche, settore S13, organismi di diritto pubblico che comprende, accanto agli organismi pubblici dello Stato e degli enti territoriali, le unità istituzionali che producono beni non destinabili alla vendita soggetti a controllo pubblico, a prescindere dalla forma giuridica da esse rivestita.
Come sempre ogni sentenza va ricondotta al caso trattato e alle memorie presentate dalle parti. Il Tribunale ha escluso, in quella sede, l’esistenza di norme in grado di riconoscere la legittimazione dell’ingiunzione. E, in assenza di una norma specifica, si torna alla regola generale che porta ad escludere dal regio decreto i soggetti di diritto privato.
Per evitare sconfitte in giudizio che possono compromettere il finanziamento dei servizi pubblici, anche di fronte a commenti fuorvianti sul tema spesso dovuti alla complessità del tema, diventa urgente un intervento normativo in grado di rispondere alle esigenze di riscossione di tutti i gestori di servizi pubblici, quali idrico, rifiuti, trasporto, mense scolastiche e altri, caratterizzati da entrate di modesta entità che abbisognano dell’ingiunzione fiscale rispetto all’alternativa, tra l’altro non sempre percorribile, del ruolo.
Cristina Carpenedo
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