Una recente sentenza che tratta di prescrizione del credito offre la possibilità di indagare sulle regole di esercizio dell’azione amministrativa, spesso accusata di agire in carenza del potere necessario per sopravvenuta prescrizione del termine. In realtà il calcolo della prescrizione non è cosa semplice, non solo per questioni inerenti la modalità di interruzione ma anche per aspetti che riguardano il titolo notificato. La Cassazione con sentenza 20425/2017 è tornata a pronunciarsi sulla vicenda temporale di esercizio dell’azione amministrativa in occasione della riscossione del bollo auto, applicando un principio espresso dalla SSUU nella decisione 23397/2016 e che sembra porre fine alla nota querelle sull’inapplicabilità del termine decennale.
La riscossione pubblica in si caratterizza per l’esistenza di due importanti istituti giuridici costituiti dalla decadenza e dalla prescrizione del credito. La decadenza è l’obbligo di compiere una determinata attività entro un certo tempo definito da specifiche leggi di settore e si applica solo se la legge esplicitamente ne fa menzione. Le entrate locali per le quali sussiste la regola della decadenza sono quelle tributarie. Sul punto, infatti, la legge 296/2006 stabilisce, al comma 161, che l’attività di accertamento deve essere effettuata entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di dichiarazione o versamento e che la notifica del titolo esecutivo (cartella o ingiunzione) deve avvenire entro il 31 dicembre del terzo anno successivo alla notifica dell’accertamento divenuto definitivo. In questa sede ci soffermiamo sul diverso istituto della prescrizione. Ai sensi dell’articolo 2934 Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Ai sensi dell’articolo 2935 la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. La prescrizione è dovuta all’inerzia e matura ogni qual volta il diritto non venga più esercitato per un certo periodo di tempo. Il meccanismo temporale individuato dal nostro codice civile prevede, all’articolo 2946, la prescrizione lunga di dieci anni e, all’articolo 2948, quella breve di cinque anni.
Tutte le entrate sono soggette alla prescrizione (regola generale). Ben più difficile è capire se si tratti di prescrizione breve o lunga, in quanto non sempre la norma lo chiarisce. Per i tributi non c’è una norma chiara che definisca i tempi della prescrizione. Fino a poco tempo fa, il ragionamento per comprendere quale delle due periodicità si applicasse (breve o lunga), era fondato principalmente sulla natura e caratteristiche dell’entrata. Nel campo dei tributi locali e dei canoni la sentenza dominante da diversi anni è la 4283/2010 che definisce la Tarsu e i canoni come entrate periodiche con prescrizione breve. Interrompe la prescrizione qualsiasi comunicazione notificata all’interessato che abbia l’effetto di costituire in mora il debitore.
Ma può un accertamento tributario, una cartella o un’ingiunzione definire la pretesa così da rendere applicabile la prescrizione decennale alla pari di una sentenza? Il mondo Equitalia, ora Agenzia Entrate Riscossione, da sempre applica il principio della prescrizione decennale associata alla cartella di pagamento, esattamente come fosse una sentenza, indipendentemente dall’entrata posta in riscossione. Da qui l’originarsi di tanti ricorsi volti a smontare la convinzione dell’agente della riscossione fino al sopraggiungere della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 23397/2016, emessa sulla possibilità di conversione del termine di prescrizione breve quinquennale in quello ordinario decennale, in presenza di atti di riscossione coattiva dei crediti. Al centro della vicenda la disposizione dell’articolo 2953, secondo cui i diritti per i quali la legge stabilisce una prescrizione più breve di dieci anni, quando è intervenuta sentenza passata in giudicato, si prescrivono col decorso di dieci anni. La decorrenza del termine per fare opposizione alla cartella produce soltanto l’effetto di irretrattabilità del credito oppure rende applicabile anche il sopra citato articolo del codice convertendo il termine di prescrizione breve in quello lungo decennale?
La SSUU sostiene che è indubbio che la cartella e tutti gli altri titoli di riscossione coattiva siano atti amministrativi privi di efficacia di giudicato. L’allungamento immotivato del termine di prescrizione decennale porrebbe il debitore in una situazione di perenne incertezza in una materia governata dal principio di legalità. La prescrizione non va valutata riconoscendo alla cartella forza di conversione decennale derivata dalla mancata impugnazione. La sua idoneità permane fino al termine che governa il singolo carico, e dunque quinquennale per i tributi erariali e locali, le sanzioni amministrative e i canoni periodici. Solamente se contenuti in un giudicato trova applicazione l’art. 2953 cc.
L’ultima Cassazione che si esprime sulla tassa automobilistica conferma le indicazioni della SSUU ricordando che, l’apposita norma che disciplina la prescrizione del bollo auto (comma 51 dell’articolo 5 del dl 953/1982) ne sancisce il termine triennale con il decorso del terzo anno successivo a quello in cui doveva essere effettuato il pagamento.
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