La Cassazione, con ordinanza n. 3184 del 9 febbraio 2018, interviene sulla procedura di riscossione della fattura Tia non pagata confermando un principio consolidato in materia di Tarsu che ammette la possibilità di ricorrere direttamente alla notifica della cartella di pagamento (Cass 16515/2010; Cass 20646/2017)
In materia di tassa rifiuti il procedimento di riscossione è fortemente condizionato dalla procedura della cosiddetta liquidazione d’ufficio. La norma infatti costruisce un meccanismo di riscossione che poggia non solo sugli accertamenti per omissione ma soprattutto sulla dichiarazione del contribuente. Ciò comporta l’obbligo da parte dell’ente di liquidare la pretesa sulla base dei contenuti della dichiarazione senza nulla metter in discussione. In al senso la cartella di pagamento, così come l’ingiunzione fiscale, diventano atti idonei alla riscossione dell’importo richiesto sulla base dell’unica fonte dichiarativa da notificare, rigorosamente, entro il termine di decadenza quinquennale e con modalità esplicativa idonea a garantire il riscontro di quanto chiesto rispetto alla dichiarazione.
L’avvento della Tares e della Tari permette di cambiare impostazione.
Tares e Tari sono state scritte con una disciplina che non parla di liquidazione dell’ente ma si limita a dire che l’ente invia il modello di pagamento precompilato. Questa formula non è sufficiente a dire che siamo ancora nel meccanismo di liquidazione d’ufficio bensì permette di scegliere. E’ possibile infatti mantenere la liquidazione d’ufficio oppure una modalità più assistenziale. Nel primo caso l’ente si obbliga ad adempiere alla liquidazione con il recapito certo o la notifica di un atto che fissa la scadenza; nel secondo caso devono essere chiari e noti i termini di pagamento per un tributo trasformato in autoliquidazione pur con l’ausilio dell’ente.
Come indicato nella nota IFEL del 15 aprile 2016 Il Comune che modifica le modalità di pagamento, adottando – come accade nella grande maggioranza dei casi – dispositivi di liquidazione d’ufficio, deve indicare tale scelta con una apposita norma regolamentare. In questo caso, la normativa deve delineare la procedura che si intende seguire, dall’ invio di un modello di pagamento precompilato con la fornitura di tutte le informazioni sul tributo che deve essere pagato, agli eventuali solleciti bonari, alla notifica di un avviso di accertamento per omesso o parziale pagamento.
Va considerato che l’autoliquidazione obbliga a notificare, a tutti coloro che non hanno pagato nei termini previsti, un avviso di accertamento con le relative sanzioni (analogamente all’IMU).
Va comunque evidenziato che, in caso di liquidazione d’ufficio, non vi è obbligo di ricorrere a un accertamento in quanto consolidata giurisprudenza, confermata con l’ultima ordinanza in commento, ammette il ricorso diretto al titolo esecutivo, anche se la scelta dell’accertamento è consigliabile. (Sull’accertamento formale e sostanziale si veda la Cass 20646/2007). La diffusione della fase accertativa per la cosiddetta liquidazione della Tari non pagata con il recapito della bolletta, nasce dall’esigenza di consolidamento della pretesa e di rispetto dei termini decadenziali previsti dal comma 161 dell’articolo 1 della Legge 296/2006, in risposta a esigenze di certezza della pretesa, non assicurata dal semplice sollecito. La cartella o l’ingiunzione non saranno infatti impugnabili per questioni di merito esposte nell’atto di accertamento definitivo, ma solo per vizi propri.
Sulla questione delle sanzioni per tardivo versamento nulla dice l’ordinanza. L’argomento richiede un altro tipo di analisi, riguardante la data certa di inadempimento che, nella tassa rifiuti liquidata d’ufficio, si raggiunge solo con la notifica della richiesta di pagamento.
L’altro lato della medaglia per la fase di liquidazione d’ufficio è l’impossibilità di imputare al contribuente situazioni non dichiarate se non attraverso l’accertamento per omessa o infedele dichiarazione. Limite procedurale aggravato dal termine dilatorio connesso all’obbligo dichiarativo, attualmente fissato al 30 giugno dell’anno successivo, fonte di ritardi nelle volture delle utenze che aumentano i casi di sgravio e ritardano l’incasso delle somme.
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