L’intervento del legislatore in materia di imposta comunale sulla pubblicità è stato tra i più attesi per la soluzione del rebus collegato alla decisione del giudice costituzionale sulla maggiorazione della tariffa base, applicata da buona parte dei comuni italiani, in regime di tributo.
Lo strappo causato dalla silenziosa abrogazione avvenuta nel 2012 è all’origine dell’intervento normativo di interpretazione scritto per sanare la lacuna normativa. La legge 208/2005, al comma 739 contiene infatti una norma di interpretazione autentica retroattiva che mira a chiarire l’ambito applicativo dell’art. 23, comma 7 del dl n.83/2012 di abrogazione della facoltà di aumento
- L’articolo 23, comma 7, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, nella parte in cui abroga l’articolo 11, comma 10, della legge 27 di-cembre 1997, n. 449, relativo alla facoltà dei comuni di aumentare le tariffe dell’imposta comunale sulla pubblicità, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1 della legge 27 luglio 2000, n. 212, si interpreta nel senso che l’abrogazione non ha effetto per i comuni che si erano già avvalsi di tale facoltà prima della data di entrata in vigore del predetto articolo 23, comma 7, del decreto-legge n. 83 del 2012.
Il giudice costituzionale, con la sentenza n. 15/2018, ha ritenuto non corretta l’interpretazione dell’art. 1, comma 739, della legge n. 208 del 2015, secondo cui esso ripristinerebbe retroattivamente la potestà di applicare maggiorazioni alle tariffe per i Comuni che, alla data del 26 giugno del 2012, avessero già deliberato in tal senso. La disposizione, invece, si limiterebbe a precisare la salvezza degli aumenti deliberati al 26 giugno 2012, tenuto conto, tra l’altro, che a tale data ai Comuni era stata nuovamente attribuita la facoltà di deliberare le maggiorazioni. Nulla dice il comma 739, invece, sulla possibilità di confermare o prorogare, successivamente al 2012, di anno in anno, le tariffe maggiorate.
L’interpretazione, che fa così crollare le maggiorazioni almeno dall’anno 2013 e successivi, è stata avallata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con la risoluzione 2/DF del 14 maggio 2018, che conferma la non applicazione della maggiorazione.
Conseguenza concreta della autorevole decisione costituzionale sono le domande di rimborso presentate dai contribuenti per la maggiorazione applicata dal 2013 al 2018.
Il comma 917 dell’articolo 1 della legge 145/2018 disciplina i termini di restituzione della maggiorazione applicata nel periodo 2013-2018:
- In deroga alle norme vigenti e alle disposizioni regolamentari deliberate da ciascun comune a
norma dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i rimborsi delle somme acquisite dai comuni a titolo di maggiorazione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni per gli anni dal 2013 al 2018 possono essere effettuati in forma rateale entro cinque anni dalla data in cui la richiesta del contribuente è diventata definitiva.
Il testo ha l’unico beneficio di permettere all’ente di differire il rimborso fino a cinque anni dalla richiesta presentata dal contribuente e divenuta definitiva, una sorta di dilazione in ragione delle annualità da rimborsare, senza tuttavia l’auspicato intervento economico statale.
La deroga alle norme sul rimborso non è chiara, come nemmeno risulta chiaro il concetto di richiesta definitiva del contribuente. L’intento del legislatore sembra quello di riconoscere la possibilità per l’ente di erogare il rimborso anche oltre il termine di 180 giorni previsto dal comma 164 dell’articolo 1 della Legge 296/2006, e comunque entro cinque anni dalla domanda (quando non vi sia ricorso pendente) o dalla sentenza (in caso di ricorso contro il diniego al rimborso).
In merito al termine di prescrizione del diritto al rimborso, ai sensi del citato comma 164, l’istanza di restituzione va presentata entro cinque anni dal versamento.
- Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione. L’ente locale provvede ad effettuare il rimborso entro centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza.
La fattispecie più frequente per la richiesta di rimborso è indubbiamente collegata all’imposta permanente che, nella maggior parte dei casi, presenta scadenza di versamento entro fine gennaio. In alcuni casi i comuni hanno differito il termine nei mesi successivi.
Il calcolo della prescrizione assume a riferimento la data di versamento pertanto, la prescrizione per il rimborso dell’imposta permanente versata nel 2014 matura nell’anno 2019 (calcolo a giorno effettivo).
Si segnala che il successivo comma 919 permette di approvare una nuova maggiorazione A decorrere dal 1°gennaio 2019, le tariffe e i diritti di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni ed integrazioni, possono essere aumentati dagli enti locali fino ad un massimo del 50 per cento per le superfici superiori al metro quadrato e le frazioni di esso si arrotondano al mezzo metro quadrato.”
L’intervento conferma l’abrogazione della vecchia maggiorazione ponendo fine alle diverse interpretazioni maturate che rischiavano di aprire un lungo contenzioso per i comuni.
TEMPI E REQUISITI DEL RIMBORSO
- Cosa chiedere a rimborso: l’importo versato a titolo di maggiorazione rispetto alla tariffa base indicata dal d lgs 507/93, sulla base della classe di appartenenza del comune
- Termine di prescrizione per la presentazione dell’istanza di rimborso: 5 anni dal pagamento
- Istanza obbligatoria da presentare direttamente al comune. La norma infatti non prevede il rimborso d’ufficio bensì la presentazione di istanza al comune titolare del tributo. Anche in caso di concessione del servizio, si ritiene necessario che l’istanza venga presentata al comune che concorderà con il concessionario lo sviluppo dell’istruttoria al fine di verificare gli atti. L’eventuale presentazione anche al concessionario potrebbe essere utile solo se l’attuale concessione coincide, a livello di titolo concessorio e di soggetto, con quella che ha esercitato le funzioni per l’anno oggetto di richiesta di rimborso.
- Requisiti dell’istanza: la domanda di rimborso deve essere presentata dal contribuente allegando copia dei versamenti eseguiti, documento d’identità e breve descrizione del mezzo pubblicitario oggetto della richiesta, indicazione del conto corrente su cui ricevere le somme
- L’istanza di rimborso non riguarda tutti i comuni, bensì solamente quelli che applicano il regime tributario del d lgs 507/93 e che hanno deliberato la maggiorazione prevista dal comma 11 dell’articolo 10 della legge 449/97.
- L’importo varia a seconda della percentuale di maggiorazione applicata dal comune che, nella maggior parte dei casi, per le superfici sopra il metro quadrato, raggiunge il 50% (si stima incidenza media del 25/30% dell’importo)
- Non produce effetto sul diritto al rimborso la modalità contrattuale seguita dal alcuni comuni di remunerare il concessionario con il gettito del tributo trattenendo a favore del comune un canone. In tal caso il comune dovrà capire se ci sono margini per definire con il concessionario l’intervento reciproco sull’esborso delle somme, assumendo a riferimento il contratto sottoscritto tra le parti.
- Il diniego esplicito al rimborso è impugnabile entro 60 giorni dalla notifica del provvedimento di rigetto ovvero entro i termini di prescrizione (quinquennale) in caso di rifiuto tacito che matura dopo 90 giorni dalla presentazione dell’istanza. Si applica l’istituto del reclamo/mediazione.
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