E’ curioso come il legislatore si ricordi dell’esistenza dell’autonomia dei comuni dopo anni di approvazione di stralci e definizioni agevolate applicate in totale supremazia sui carichi altrui. I comuni non possono che guardare con sorpresa e diffidenza alla nuovissima facoltà concessa di opporsi allo sconto favorevole ai debitori, fino a trovarsi impreparati a una decisione da assumere in poche ore. Giusto il tempo di predisporre un atto e convocare il consiglio comunale. Si, ma per spiegare cosa?
Iniziamo dalla storia.
Era il 1° ottobre 2006 quando Riscossione SpA, divenuta poi Equitalia, iniziava l’attività pubblica di riscossione affrontando un’operazione societaria senza precedenti (che riprendeva uomini e mezzi dagli attori di allora) dotata di un capitale di 150 milioni di euro e accompagnata da una sanatoria delle irregolarità commesse dai concessionari. I vecchi esattori operanti sin dal 2000 furono liquidati dallo Stato e i nuovi agenti si accollarono i residui di gestione. Per l’occasione furono potenziate alcune misure, come il pignoramento diretto dei crediti presso terzi e la creazione dell’anagrafe dei conti. Nel 2016 lo stop. Non esisterà più Equitalia ma un nuovo soggetto, che dovrebbe avere l’anima dell’ente pubblico e non della società di diritto privato. Anche questa volta l’operazione si preoccupa dei carichi pregressi. Le dimensioni fallimentari di quindici anni di ruoli si leggono nelle parole della Corte dei Conti sul rendiconto dello Stato per l’anno 2015. L’analisi evidenzia che il cosiddetto magazzino Equitalia, tenuto conto delle primarie vicende della riscossione (fallimenti, eredità e visure patrimoniali negative), presenta una capacità di realizzo del 5%. Da qui l’idea di una prima definizione agevolata, che coinvolge tutti i ruoli consegnati dal 2000 al 2016. Agenzia delle Entrate, Inps, Regioni, Province, Comuni, tutti coinvolti nella sanatoria che prevede di chiudere il debito pagando il credito principale (tributo, canone, tariffe ecc), l’aggio e le spese di riscossione. Una definizione agevolata che sarà seguita da altre definizioni agevolate per arrivare fino alla nuova quater del 2023 e che viene accompagnata dalla prima grande operazione di stralcio dei carichi residui che annullò automaticamente i debiti di importo residuo fino a mille euro, risultanti dai singoli carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010. A questo primo stralcio ne farà seguito un altro nel 2021 che annulla i carichi residui fino a 5000 euro per lo stesso periodo temporale (2000/2010) ma solamente se il debitore non supera una certa soglia di reddito.
La nuova legge di bilancio, oltre alla rottamazione quater (che annulla le sanzioni sui carichi consegnati ad ADER fino a giugno del 2022!) aggiunge quello che possiamo definire lo stralcio ter, che copre cinque anni in più rispetto a prima, dal 2000 al 2015. Ma ci sono due novità: per gli enti impositori diversi dalle amministrazioni statali lo stralcio è parziale, in quanto non agisce sul capitale e sulle spese e, in più, questi enti potranno anche decidere di non applicare nemmeno lo stralcio parziale, se e solo se saranno in grado di adottare una delibera (di Consiglio dato che la Giunta non può decidere sulla debenza di un tributo o di una sanzione) da approvare e trasmettere ad ADER entro il 31 gennaio 2023. E’ una decisione rapida, da prendere al buio se si considera che l’area riservata di ADER non permette mirabolanti estrazioni su un vasto orizzonte temporale. E’ possibile farsi un’idea tenendo conto degli esiti del primo stralcio e dei carichi affidati nel quinquennio aggiunto (2011-2015) rispetto al decennio 2000 al 2010. Insomma, alla fine, se si opta per adottare la delibera è solo per evitare ogni tipo di impatto ad oggi non noto. Ma bisogna comunque considerare che trattasi di carichi vetusti, che in caso di adesione alla definizione agevolata il contribuente non verserà comunque le sanzioni e gli interessi, che la puntata successiva si chiama comunicazione di inesigibilità della riscossione, riesumata da questo legislatore che riapre la procedura di discarico dopo anni di blocco dei controlli e delle contestazioni. Uno sguardo agli equilibri finanziari degli enti dovrebbe far emergere che, spesso, trattasi di carichi già cancellati con le operazioni di riaccertamento dei residui e che pertanto la questione è sui titoli posti in riscossione.
Tutto quanto detto fin qui vede come protagonista solo l’Agente nazionale della riscossione e quindi solo gli enti che hanno fatto ricorso a questo riscossore nelle sue diverse declinazioni. Per gli iscritti all’albo, le società di riscossione pubblica e i comuni che agiscono in forma diretta, tutto procede come prima. Nessuna autonomia di poter anche solo immaginare ad una operazione di estensione che solo il legislatore può esplicitamente concedere.
Cristina Carpenedo