Parlare di contenzioso su cartelle esattoriali o sull’equivalente ingiunzione di pagamento non è cosa semplice. Per mettere ordine bisogna partire dalla natura dell’entrata posta in riscossione per indagare sul tipo di atto che è stato iscritto in coattivo. Prima di tutto va ricordato che sia le entrate tributarie locali che le sanzioni amministrative sono caratterizzate dalla riscossione di titoli esecutivi perfetti, che cristallizzano la pretesa non più impugnabile nel merito. Va segnalata l’eccezione relativa alla tassa rifiuti che, in quanto riscossa su liquidazione d’ufficio, non necessariamente è caratterizzata dal titolo accertativo, caso nel quale sarà la stessa cartella o ingiunzione a svolgere questa funzione, con tutte le conseguenze del caso. In presenza di titoli esecutivi, la cartella e l’ingiunzione assolvono la funzione di precetto consentendo l’attivazione della forza necessaria ad avviare le procedure cautelari ed esecutive. In questa fase i rimedi difensivi non ammettono discussioni sul merito della pretesa ma si limitano a vizi e illegittimità della procedura successiva contestando l’eventuale esistenza del diritto all’esecuzione. Su questo punto la vicenda delle entrate tributarie e delle sanzioni amministrative è molto diversa. Solo per quest’ultime infatti è ammessa l’opposizione all’esecuzione prevista dall’articolo 615 cpc e agli atti esecutivi dell’articolo 617 cpc. Sostanzialmente è possibile adire al giudice ordinario competente per contestare l’inesistenza del titolo, il vizio di notifica, la prescrizione o elementi sopravvenuti che possono comportare l’estinzione del credito, come il pagamento o la morte del trasgressore. Si tratta di un’azione che calca il rito ordinario di cognizione e può essere attivata fino alla fine del procedimento di riscossione. L’opposizione ali atti esecutivi è circoscritta ai vizi formali degli atti della procedura e va attivato entro 20 giorni dalla notifica degli stessi. Per i tributi locali la situazione è diversa in quanto nella procedura esattoriale l’articolo 57 del dpr 602/73 non ammette le opposizioni all’esecuzione dell’articolo 615 cpc, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni, e le opposizioni agli atti esecutivi relative alla regolarità formale e notificazione del titolo esecutivo. Resta al giudice ordinario l’opposizione relativa alla pignorabilità dei beni e alla regolarità degli atti esecutivi. Questo perché la cartella, l’ingiunzione e le misure cautelari possono essere impugnate dinanzi alla commissione tributaria entro i stretti termini previsti. La situazione attuale segnala un elevato tasso di contenzioso nella fase coattiva, soprattutto sul fronte Equitalia, per motivi riconducibili alla notifica della cartella e alla prescrizione del credito. Sul vizio di notifica le cause principalmente invocate sono l’inesistenza del mezzo di notifica per inidoneità del soggetto notificatore e l’impossibilità di dimostrare l’avvenuta notifica con richiesta di esibizione della matrice da parte dell’Agente. Il tema del soggetto non abilitato è una diatriba che viene portata avanti da anni a causa della scrittura dell’articolo 26 del dpr 602/73 uscita dalla riforma del 99, che non avrebbe più ripreso la modalità di notifica postale mediante invio diretto da parte dell’esattore ma solo mediato da determinati soggetti (ufficiali di riscossione, altri soggetti abilitati dal concessionario, messo comunale, agente di polizia locale). Altra ipotesi frequente è la mancata produzione in giudizio della relata di notificazione, spesso contestata dinanzi a un atto cautelare o esecutivo conseguente alla cartella. Sul punto la recente sentenza della Cassazione n.6887/2016 ha escluso che si possano produrre stampe equipollenti da archivi informatici e stabilito che l’Agente deve continuare a conservare la documentazione anche oltre i canonici cinque anni, previsti dall’articolo 26 del dpr 602/73 solo ai fini organizzativi. Nella prescrizione del credito fa da padrona una situazione caotica dovuta alle diverse modalità di riscossione che caratterizzano le diverse entrate dell’ente locale. Equitalia sostiene spesso la prescrizione decennale della cartella notificata anche invocando la forza del titolo precettivo. In realtà la giurisprudenza ne fa sia questione di natura dell’entrata sia questione di titolo posto in riscossione. L’orientamento prevalente sembra attestarsi nel dare rilievo alla riscossione di titoli esecutivi forti come l’accertamento tributario, il verbale di contestazione per violazioni al CdS e l’ordinanza ingiunzione. Tre colonne del sistema grazie alle quali diviene possibile affermare la regola decennale della prescrizione successiva decorrente dalla notifica della cartella o dell’ingiunzione. Ad ogni buon conto, quello a cui si assiste è una schermaglia a colpi di lacune normative che rendono caotica e incerta la riscossione di titoli spesso costati all’ente impositore tempo e fatica. Sul fronte della legittimazione passiva, anche in tal caso, la strada per il debitore è tutta in discesa posto che non deve preoccuparsi di individuare il legittimato passivo sulla base del vizio che intende eccepire. Come ribadito da recente Cassazione 14125 del 11 Luglio 2016 le conseguenze di una pronuncia negativa che neutralizza la pretesa indicata nella cartella, gravano direttamente sull’Agente della Riscossione. Solamente nelle liti promosse contro di lui ma che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 39 del d. lgs. 112/99, è lo stesso Agente che deve chiamare in causa l’ente creditore interessato rispondendo, in mancanza, delle conseguenze della lite. L’azione del debitore non è dunque inammissibile, gravando sullo stesso esattore l’onere di chiamare in giudizio l’ente impositore per questioni a lui attinenti, se non vuole rispondere dell’esito della lite (Cass SSUU 16412/2007).
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molto esauriente
ottimo articolo