La nota sentenza della Corte costituzionale 238/2009, che ha bollato la Tariffa Ronchi (TIA 1) come entrata tributaria non assoggettabile all’IVA, rappresenta il più grande ostacolo all’applicazione della nuova tariffa corrispettiva. A distanza di sette anni dalla pronuncia, i cittadini non riescono ad ottenere il rimborso dell’Iva indebitamente versata, se non percorrendo le vie giudiziarie. I gestori, dal canto loro, non dispongono di quelle somme in quanto riversate dall’Agenzia delle Entrate la quale, a suo dire, essendo simile alla Tia 2, la ritiene assoggettabile ad IVA (circolare 3/DF/2010). Affermare che la Tia è tributaria significa, come ha evidenziato la Corte dei Conti (Deliberazione 21/2011 sezione controllo Lombardia e deliberazione 65/2010 sezione controllo Piemonte) , applicarne tutte le regole, comprese quelle dell’accertamento e della riscossione con i relativi termini di decadenza, nonché formulare i piani finanziari secondo un’ottica che prevede di computare l’IVA all’inizio e non alla fine. Si perché comunque l’IVA sui costi c’è sempre; anzi, il più delle volte l’effetto derivato è stato la lievitazione del piano finanziario. Dal punto di vista gestionale la disapplicazione dell’IVA ha sconvolto le dinamiche di quei gestori che finanziavano con la TIA i costi previsti nel piano, assumendo l’intera gestione del ciclo produttivo. Tra gli sviluppi dell’ultima ora si segnala la pronuncia del giudice di pace di Lucca (sentenza 921/2016) che ha condannato in solido il Ministero e l’Agenzia al rimborso dell’IVA ritenendo che il legittimato passivo per l’azione di ripetizione di indebito ai sensi dell’articolo 2033 del cc non sia l’ente riscossore dell’IVA, bensì il MEF e l’Agenzia delle Entrate. Una decisione ragionata in maniera diversa rispetto a quelle che fino ad ora hanno condannato gli enti impositori, ed alimenta la tensione dei cittadini che hanno ricominciato a presentare le istanze di rimborso, non fosse altro per interrompere il termine decennale di prescrizione. Qualche giorno fa il tema è tornato in commissione finanza alla Camera e sembra che la questione sia allo studio dell’Amministrazione finanziaria. Ma se la TIA, fondata sull’obbligatorietà della prestazione, la presunzione di produzione e la privativa comunale è tributaria, perché non lo sarebbero anche la TIA 2 e la tariffa corrispettiva? E’ lo spauracchio di ogni gestore che si accinge a modificare l’assetto del prelievo per tornare a una gestione economica completa dei rifiuti con l’applicazione e riscossione della tariffa corrispettiva prevista dal comma 668 dell’articolo 1 della Legge 147/2013 I comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento di cui all’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI. Il comune nella commisurazione della tariffa può tenere conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. La tariffa corrispettiva è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani. Un comma vuoto che abbisogna di contenuti in grado di esprimere il principio del paga chi inquina, che necessita di una definizione minima del modello cosiddetto puntuale, rimesso dal comma 667 a un decreto ministeriale ancora in bozza. In effetti, se la dichiarata natura corrispettiva della tariffa è un vantaggio in partenza, che porterebbe ad escludere dichiarazioni di carattere generale sulla medesima (come invece avvenuto per la TIA), la mancanza del regolamento sui modelli minimi di pesatura dei rifiuti prodotti, espone i nuovi regolamenti alla libera determinazione del giudice che, nell’applicare principi di carattere generale, facilmente, potrebbe bollare la tariffa come un tributo. Non si arriverebbe comunque ad una pronuncia di portata generale sul testo del comma 668 che, in quanto vuoto, non si presta ad essere reinterpretato. Il tutto è affidato alla regolamentazione locale che dovrebbe impegnarsi nel costruire un modello corrispettivo su una tariffa che in realtà altro non è che una redistribuzione del carico tariffario tra gli stessi utenti, elemento che fa emergere l’importanza del regolamento ministeriale. E cosi si spiega la risposta dell’Agenzia delle Entrate di Venezia del 22 settembre 2016, resa in sede di interpello al quesito sull’applicazione dell’IVA per la Tia 2 e la nuova tariffa corrispettiva. La ricostruzione normativa dell’Agenzia porta a una sola soluzione: alla Tia, Tares, Tari non si applica l’IVA mentre la Tia 2 e la tariffa corrispettiva sono soggette all’applicazione dell’IVA in quanto la legge ne afferma espressamente la natura corrispettiva.
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