In dirittura d’arrivo il decreto sulla misurazione puntuale per la determinazione della parte variabile della tariffa rifiuti (TARIP). Da tanto tempo se ne parla e a quanto pare questa volta vedrà la luce il decreto previsto al comma 667 dell’articolo 1 della legge 147/2013. La norma è inserita nel gruppo di commi che disciplina la Tari e permette, in alternativa, di adottare una tariffa corrispettiva basata sulla misurazione, cosiddetta puntuale, dei rifiuti urbani e assimilati, conferiti al pubblico servizio. Le esperienze che già si contano sul piano nazionale sono tante: diversi comuni, principalmente della regione Veneto, Emilia Romagna e Lombardia, da diverso tempo, ben prima della legge 147, applicano la tariffa corrispettiva senza però che una norma ufficiale abbia stabilito i requisiti minimi per definire il metodo di pesatura. Il risultato ha portato a sistemi diversi, più o meno puntuali, la cui sostenibilità, dinanzi a un eventuale giudizio sulla pretesa tariffaria, doveva essere ben argomentato, in presenza della diffusa convinzione di pagare solo per il rifiuto prodotto dal singolo. Ebbene, il decreto fissa dei criteri minimi per l’adozione della tariffa puntuale basata almeno sul rifiuto secco residuo conferito dall’utente. Non è quindi necessario misurare tutto, ma solamente quella parte che sarà tanto più bassa quanto più l’utente sarà bravo a differenziare. I diversi articoli vanno letti in abbinata alla relazione illustrativa nonché alla lettera di presentazione. Da qui si comprende che il decreto riguarda la definizione della parte variabile della tariffa, senza nulla dire sulla componente fissa, presente anche nella Tarip, in virtù del richiamo ai criteri del dpr 158/99 e a tutt’oggi definiti col parametro prevalente della superficie. Ai sensi dell’articolo 4, la misurazione puntuale si ottiene determinando come requisito minimo il peso o il volume della quantità di RUR (rifiuto urbano residuo) conferita da ciascuna utenza. Possono essere misurate le quantità di altre frazioni oggetto di raccolta differenziata, conferite anche in altri centri di raccolta, anche con modalità semplificate di determinazione delle quantità. Sarà il comune stesso, o il soggetto che nell’assetto della governance ne ha i poteri, a determinare il peso specifico per tradurre la misurazione volumetrica. Interessante il sistema di misurazione prevista dall’articolo 7 in caso di utenze aggregate, applicabile anche su porzioni di territorio dove non sia possibile per ragioni tecniche o di sostenibilità economica, implementare sistemi di misurazione. In tal caso, il riparto di quanto conferito dal centro di aggregazione (utenza aggregata) delle utenze domestiche può essere ripartito utilizzando i coefficienti previsti dal dpr 158 per la tariffa variabile. Di grande interesse l’articolo 9 del decreto che permette, sempre per la definizione della parte variabile, di adottare criteri di ripartizione dei costi commisurati alla qualità del servizio reso alla singola utenza e al numero dei servizi messi a disposizione anche quando questa non li utilizzi. Di fatto una legittimazione ad articolazioni diverse della parte variabile e agli svuotamenti minimi per coprire costi non direttamente collegati alla produzione di rifiuti. Come precisa la relazione di accompagnamento, si tratta di criteri integrativi alla pesatura del RUR, ragion per cui non possono prevalere sulla componente collegata al rifiuto urbano residuo misurato.
Veniamo alle norme transitorie scritte solo per i comuni già dotati di tariffa puntuale. Dovranno verificare la rispondenza ai requisiti minimi del decreto ed introdurre entro 24 mesi i correttivi necessari sul sistema di misurazione e adeguare il calcolo della tariffa. Gli enti che adotteranno la tariffa dopo la pubblicazione del decreto, dovranno, da subito, rispettarne i requisiti minimi.
La imminente pubblicazione del decreto, che ha ricevuto l’avallo dalla Conferenza Stato – Città ed autonomie locali, avrà il pregio di definire i requisiti minimi del sistema di misurazione puntuale con una soluzione che appare adeguata al contesto vigente e in grado di avallare gran parte dei sistemi già in uso, senza spingersi troppo sul sistema presuntivo, vizio presente nelle stesure iniziali che rischiavano di trasformare la tariffa in tassa.
Importante precisazione nella lettera di presentazione del decreto sulla competenza dei comuni. L’iniziale riferimento agli enti di governo presente nel decreto è stato eliminato in considerazione della complessità di situazioni di governance esistente su scala nazionale. Il riferimento al Comune è utilizzato in quanto titolare originario della funzione di gestione dei rifiuti, che dovrà poi partecipare all’ente di governo delegandone, obbligatoriamente, la gestione. In tal modo si avranno situazioni diverse a seconda dello stato di attuazione normativo sul fronte degli enti di governo.
Nessun obbligo di introdurre la Tarip peri comuni che intendono mantenere il tributo, anche quando comprensivo di eventuali varianti di determinazione tariffaria sempre più vicine alla misurazione (Tar Piemonte 945/2016). D’altra parte l’introduzione della tariffa corrispettiva è un processo che cammina per fasi fondato su una nuova organizzazione del servizio.
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