L’applicazione dell’IMU e della TASI coinvolge il patrimonio immobiliare ad esclusione di una fattispecie, già oggetto di interventi fiscali di favore da parte dell’erario. La tutela che il legislatore vuole riconoscere alla famiglia si esprime con la fattispecie normativa della cosiddetta abitazione principale, binomio indicato dal comma 2 dell’articolo 13 del dl 201/2011 e caratterizzato da requisiti dai contorni non sempre chiari, fonte di contenzioso e pronunce che ancora oscillano nel delineare l’esatta portata della norma.
Dal 2012 ad oggi, il livello di imposizione sull’abitazione principale è stato caratterizzato da dinamiche rilevanti che hanno cercato di attenuare e perequare il carico dell’imposta
►A partire dal 2012, dopo anni di azzeramento del tributo ICI, si assiste al ritorno dell’imposizione con la nuova IMU, che prevedeva un’aliquota base dello 0,4 per cento applicata su un moltiplicatore che da 100 passa a 160, con facoltà di modifica in aumento o diminuzione di due punti percentuali e il riconoscimento della detrazione di 200 euro (comma 10 dell’articolo 13).
► Nel 2013 il dl 54/2013 e il successivo dl 133/2013 decretarono la sospensione del versamento del tributo e il successivo azzeramento con forme di compensazione a favore dei comuni, privati del gettito d’imposta.
► A consolidamento della scelta normativa del 2013, interviene il nuovo comma 2 dell’articolo 13 riscritto dal comma 707 dell’articolo 1 della legge 147/2013 disponendo, con decorrenza 1 gennaio 2014, che l’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale e delle pertinenze della stessa, ad eccezione di quelle classificate nelle categorie catastali A1 A8 A9, per le quali continuano ad applicarsi la relativa aliquota e detrazione. Il 2014 fu l’anno dell’imposta unica comunale disciplinata dalla legge 147/2013 con l’istituzione della TASI sul parco immobiliare costituito dall’abitazione principale, dai fabbricati e dalle aree edificabili. La TASI, fortemente intrecciata all’IMU, rinvia alla medesima base imponibile e alla stessa definizione di abitazione principale definita dal comma 2 dell’articolo 13. Anche a livello di pressione fiscale le due imposte sono unite. Il comma 640 dell’articolo 1 della legge 147/2013 prevede che l’aliquota massima complessiva dell’IMU e della TASI non possa superare i limiti prefissati per la sola IMU, come stabilito dal comma 677. L’aliquota di base della TASI viene definita dal comma 677 nella misura dello 0,1 per cento con la facoltà per il comune di ridurla fino all’azzeramento. La norma concede la possibilità al comune di cancellare la Tasi o semplicemente di ridurla al di sotto dello 0,1.
►Lo scenario definito nel 2016, e confermato per il 2017, 2018 e 2019 è di azzeramento dell’imposizione sull’abitazione principale mediante un intervento che avviene sul comma 669 che viene così riscritto:
- 669. Il presupposto impositivo della TASI è il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di fabbricati e di aree fabbricabili, ad eccezione, in ogni caso, dei terreni agricoli e dell’abitazione principale, come definita ai fini dell’imposta municipale propria di cui all’articolo 13, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, della legge 22 dicembre 2011, n. 214 escluse quelle classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9.
L’abitazione principale, nel nucleo essenziale declinato nel comma 2 dell’articolo 13, viene così esclusa anche dalla Tasi, oltre che dall’IMU, ad eccezione delle categorie catastali di lusso per le quali continua a trovare applicazione IMU e TASI.
Definire la fattispecie è fondamentale ai fini del corretto riconoscimento dei benefici
Ai sensi del comma 2 Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.
La residenza è definita dal codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale” determinata dall’abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo. Concorre ad instaurare tale relazione giuridicamente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo, sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi, la quale, estrinsecandosi in fatti univoci evidenzianti tale intenzione, è normalmente compenetrata nel primo elemento (Cass. 5 febbraio 1985, n. 791). Tuttavia, va tenuto conto del fatto che la residenza non viene meno per assenze più o meno prolungate, dovute alle particolari esigenze della vita, quali ragioni di studio, di lavoro, di cura o di svago (Cass. 12 febbraio 1973, n. 435) né viene meno per aver destinato parte del bene a un uso diverso. Sul punto si richiama una vecchia risoluzione ministeriale del 19 novembre 1993, n. 723 che, esprimendosi in materia di ICI, esplicitamente dichiara come non abbia rilevanza la circostanza che l’immobile sia dato in affitto.
Analogo discorso per la locazione parziale. Sul punto il ministero in materia di IMU, nella FAQ n. 12 precisa che “… anche se parzialmente locata, l’abitazione principale non perde tale destinazione e, pertanto, a partire dal 1° gennaio 2014, beneficia dell’esenzione dall’IMU prevista per tale fattispecie …”.
La norma richiede il requisito sostanziale della dimora e quello formale della residenza anagrafica, non solo del possessore dell’immobile ma anche del suo nucleo familiare, pur non definendo cosa intende per nucleo familiare. Questa mancata definizione costringe a un’interpretazione della situazione concreta caso per caso, per comprendere se, effettivamente, l’abitazione sia destinata al nucleo famigliare.
Per completare il ragionamento sull’abitazione principale, bisogna chiamare in causa la seconda parte della norma
Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile.
Parte della dottrina, anche avallando l’interpretazione contenuta nella circolare 3/DF/2012, ritiene che la limitazione del riconoscimento del beneficio dell’abitazione principale ad un solo immobile, quando le due abitazioni si trovino nello stesso comune, sia il solo caso in cui si può negare il requisito e che pertanto nessuna limitazione opererebbe nel caso in cui le abitazioni fossero in comuni diversi.
In realtà non si ravvede nella norma questo intento, ma esattamente l’opposto: in linea di principio si ha abitazione principale quando l’intero nucleo familiare risiede nella medesima unità. Nonostante i pareri dissonanti, si ritiene che la valutazione del requisito del nucleo famigliare vada effettuata considerando:
- La residenza anagrafica e la dimora del possessore e del nucleo famigliare
- La vocazione dell’immobile
- Motivazioni che giustifichino le eventuali diverse residenze dei componenti del nucleo
Sul punto va richiamata:
- La sentenza della CTR Lombardia 746/2015, che sottolinea l’importanza della residenza della famiglia per ottenere l’abitazione principale ai fini ICI. Soluzione pienamente applicabile anche all’IMU e conseguentemente alla Tasi.
- La sentenza della CTR Milano n. 782 del 11 febbraio 2016 n. 782 che ha respinto le doglianze del contribuente e confermato l’accertamento del comune in ordine al recupero ICI fondato sull’assenza di dimora abituale della famiglia dall’immobile oggetto di agevolazione, in quanto i consumi elettrici rappresentano una misurazione specifica, diretta, strumentale della frequenza e intensità con la quale una famiglia convive in un determinato immobile. In tal caso il contribuente presentava consumi quasi pari a zero (questo Collegio ritiene che il Comune abbia dimostrato con dovizia di particolari che ad un consumo medio giornaliero unipersonale di kw. 2,00 la contribuente si colloca a 0,34 kw., sufficiente per illuminare appena due lampadine.)
E’ fondamentale evidenziare che la questione delle deroghe sul requisito del nucleo familiare, sono espressione della giurisprudenza di merito ma in misura minore della giurisprudenza di legittimità che, sulla normativa in materia di ICI (fortemente analoga all’IMU e alla TASI) continua a confermare la posizione di rigore nel pretendere la presenza del nucleo familiare.
In tal senso si è espressa chiaramente la Cassazione con l’ordinanza 303 del 9 gennaio 2018: la Corte afferma l’esistenza di un principio superiore secondo cui qualora il contribuente intenda avvalersi della detrazione per l’abitazione principale, deve provare che la stessa costituisce dimora abituale non solo sua ma anche dei suoi familiari, non essendo sufficiente che vi dimori solamente uno dei due coniugi.
Sempre la Corte di Cassazione, con la sentenza 20368/2018, in merito al nucleo famigliare, precisa ai fini IMU che la norma esige residenza e dimora non solo del possessore ma anche del nucleo familiare. In tal senso si richiama l’orientamento assunto dalla suprema Corte in materia di ICI.
Con ordinanza 12050/2018 la Cassazione statuisce che “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 (come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b), della I. n. 296 del 2006, con decorrenza dall’1 gennaio 2007), occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. Un’abitazione può essere ritenuta principale soltanto se nella stessa dimorano sia il contribuente che i suoi familiari, con la conseguenza che per il sorgere del diritto alla detrazione non è sufficiente che il contribuente dimori abitualmente nell’unità immobiliare se il coniuge, non separato legalmente, dimora altrove.
Altre sentenze recenti significative.
CORTE DI CASSAZIONE ordinanza 5314/2019. La Cassazione accoglie le richieste del comune in riforma della sentenza di secondo grado riconoscendo che l’esenzione ICI si applica solo per un nucleo famigliare
L’abitazione principale è quella in cui il contribuente e i suoi familiari dimorano abitualmente. L’agevolazione può essere riconosciuta solo se l’unità immobiliare costituisca dimora abituale anche dei familiari del contribuente non potendosi riconoscere il beneficio qualora il requisito sia solo di quest’ultimo. Nel caso di specie, il coniuge non legalmente separato, aveva residenza e dimora in altro comune e aveva beneficiato della medesima agevolazione nel comune di residenza.
CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 giugno 2019, n. 15439
Ai fini della spettanza della agevolazioni previste per le “abitazioni principali”, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari. L’accertata frattura del rapporto coniugale riduce il nucleo famigliare e non impedisce di mantenere l’agevolazione. La sentenza impugnata accerta non solo la diversa dimora dei coniugi, ma specificamente proprio la intervenuta “frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi (espressione già utilizzata dalla citata Cass. n. 14389 del 2010 e da intendersi equipollente alla “frattura del rapporto coniugale”, come può evincersi dalla motivazione della CTR complessivamente considerata, che premette la necessità di ricercare la prova di “un effettivo distacco dal nucleo familiare” e che, infine, ritiene raggiunta la prova della “veridicità della cessazione del rapporto di convivenza tra i coniugi).
CORTE DI CASSAZIONE – sentenza 18367/2019
La Corte di Cassazione con sentenza 18367/2019 nega il diritto all’agevolazione ICI relative all’abitazione principale, per non aver il contribuente dimostrato la reale frattura del rapporto coniugale, solo asseritamente dichiarato. Si conferma il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che pretende la destinazione dell’abitazione non solo a favore del proprietario, bensì dell’intero nucleo famigliare.
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