CORTE DEI CONTI – SEZIONE CONTROLLO UMBRIA – DELIBERAZIONE 64/2022. Esclusa la transazione fiscale per i tributi locali ma ammessa l’adesione all’accordo di ristrutturazione del debito
Una questione che tiene banco da tanto tempo e che continua ad affacciarsi spesso nel quotidiano lavoro della gestione delle entrate. Imprese che affrontano crisi senza precedenti alimentando debiti IMU e TARI fino a ricorrere alle procedure concorsuali o di composizione della crisi.
Da molto tempo ci si chiede se l’ente possa o meno partecipare alle proposte di stralcio senza incorrere nello spauracchio del danno erariale e per molte volte la risposta è stata negativa, in forza del principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.
Ed è per questo che una pronuncia fuori dal coro fa rumore. Si tratta del parere adottato dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per l’Umbria che afferma quanto segue:
E possibile per un Comune dare il proprio assenso ad un accordo, avente ad oggetto crediti tributari, con un imprenditore in crisi per la ristrutturazione dei debiti ai sensi dell’art. 182 bis del RD 16 marzo 1942, n. 267, fermo restando il rispetto di tutti i requisiti di legge, mentre non è applicabile la disciplina della transazione fiscale, derogatoria rispetto al principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, ad eccezione delle fattispecie tassativamente previste dall’art. 182 ter del R.D. n. 267/1942, ossia per i soli tributi amministrati dalle Agenzie fiscali”.
La questione sottoposta a parere concerne la possibilità da parte di un Comune di porre legittimamente i propri crediti tributari ad oggetto di un accordo con un imprenditore in stato di crisi, ai sensi degli articoli 182 bis e 182 ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
A riguardo, occorre innanzitutto distinguere le due diverse fattispecie: “Accordi di ristrutturazione dei debiti” (art. 182 bis) e “Trattamento dei crediti tributari e contributivi” (art. 182 ter)
Secondo l’articolo 182 bis, “l‘imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore […]”.
L’articolo 182 ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 disciplina, invece, l’ipotesi della transazione fiscale che consente alle imprese di ristrutturare i debiti aventi natura tributaria e contributiva. Con particolare riguardo ai debiti tributari, la disposizione fa espressa menzione “dei tributi e dei relativi accessori amministrati dalle agenzie fiscali”, mentre non contiene alcun riferimento ai crediti tributari gestiti direttamente dagli Enti Locali. Tali crediti risultano, pertanto, esclusi dall’applicazione dell’istituto in parola e assoggettabili esclusivamente alla disciplina generale del concordato preventivo ex artt. 160 e seguenti del citato R.D. n. 267/1942 o, in alternativa, agli accordi di ristrutturazione del debito ai sensi del richiamato art. 182 bis del medesimo testo normativo.
Il quesito, già affrontato dalla Sezione regionale di controllo per il Piemonte (deliberazione 15/PAR/2007) sulla possibilità, ai sensi dell’art. 182 ter, della transazione fiscale, trova applicazione per le sole fattispecie tassativamente previste, dunque per i soli tributi amministrati dalle Agenzie fiscali in quanto derogatoria rispetto al principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.
Confermato il predetto principio (ammissibilità della transazione di tributi locali solo se gestiti da Agenzie fiscali), occorre affrontare il secondo quesito posto dal Comune, ossia la possibilità per un Comune di aderire alla domanda di accordo di ristrutturazione dei debiti, da parte di un imprenditore in stato di crisi, ai sensi del citato articolo 182 bis e, anche in questo caso, in deroga al principio dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria.
Per i tributi locali non amministrati dalle Agenzie fiscali, ma gestiti in proprio dall’Ente locale, la ratio dell’articolo 182 bis è quella di consentire all’imprenditore in crisi di evitare il dissesto irreversibile dell’impresa. Se non si ammettesse la riduzione percentuale dei crediti fiscali, diversi da quelli oggetto di transazione ex art. 182 ter, l’obiettivo sarebbe facilmente disatteso perché il carico tributario da pagare integralmente potrebbe comunque risultare, in molti casi, non sostenibile. Inoltre, la tesi secondo cui i tributi locali non ammessi alla transazione fiscale sarebbero da pagare per intero, potrebbe escludere anche la possibilità di pagamento in percentuale dei tributi erariali, essendo questi crediti garantiti da un grado di privilegio superiore rispetto a quello riconosciuto ai tributi locali. Tale argomentazione è condivisa dalla citata deliberazione n. 40/2021/PAR della Sezione regionale di controllo per la Toscana, che ha ritenuto il quesito oggettivamente ammissibile, secondo la quale escludere “la falcidia dei tributi al di fuori dell’istituto della transazione fiscale […] renderebbe i tributi locali più garantiti di quelli erariali nonostante i primi siano assistiti da un privilegio di grado inferiore rispetto a quelli erariali: tale opzione interpretativa determinerebbe infatti la possibilità di transare crediti più garantiti imponendo il soddisfacimento per intero dei crediti assistiti da minori garanzie”.
Da sottolineare, infine, come l’eventuale accordo con il debitore per la ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’art. 182 bis, corrisponda ad una attività della Pubblica Amministrazione vincolata all’interesse pubblico e che trova espressione nella convenienza dell’accordo, rispetto all’alternativa liquidatoria o ad altre possibili soluzioni.
Un ragionamento che apre alla possibilità di ricorrere a una fattispecie ben precisa: l’accordo di ristrutturazione del debito disciplinato da uno schema normativo, oggi da rivedere alla luce dell’articolo 57 del CCII. Riprendendo le parole della relazione illustrativa al codice: La legittimazione alla stipulazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti soggetti ad omologazione è riservata all’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore che si trovi in stato di crisi o insolvenza. Gli accordi sono omologabili a condizione che siano stipulati con creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti. Essi devono essere accompagnati da un piano economico-finanziario che ne consente l’esecuzione, il cui contenuto è conforme a quello dei piani attestati di risanamento. Nulla è innovato, rispetto all’art. 182-bis della legge fallimentare, quanto al pagamento, necessariamente integrale, dei creditori estranei ed al contenuto dell’attestazione
Sibilline le parole della Corte dei Conti quando sottolinea come l’eventuale accordo con il debitore per la ristrutturazione dei debiti, ai sensi dell’art. 182 bis, corrisponda ad una attività della Pubblica Amministrazione vincolata all’interesse pubblico e che trova espressione nella convenienza dell’accordo, rispetto all’alternativa liquidatoria o ad altre possibili soluzioni. Spesso una prova diabolica che richiede competenze specifiche di valutazione e calcolo del rischio.
Cristina Carpenedo