di Cristina Carpenedo
La delega fiscale 111/2023 sta generando importanti decreti attuativi che riformano il rapporto con il contribuente nell’ambito della obbligazione tributaria.
Tra le novità spicca anche la completa rivisitazione della disciplina relativa all’autotutela tributaria, mediante la quale l’amministrazione pubblica rivede atti precedentemente emessi in ragione di vizi/errori che possono essere stati commessi nel procedimento di adozione.
Da diverso tempo l’istituto era disciplinato con norme di carattere speciale rispetto al generale istituto dell’autotutela amministrativa, in ragione della specialità della disciplina tributaria connotata dall’indisponibilità dell’obbligazione. Le discussioni sul tema si sono acuite con l’incremento di situazioni interpretative che costringono i comuni a valutare istanze di annullamento di accertamenti emessi per il recupero d’imposta, piuttosto che situazioni nelle quali il contribuente, tardivamente, chiarisce la sua posizione. Da tempo si discute, in giurisprudenza, in ordine alla facoltà di intervento nei confronti di accertamenti tributari divenuti definitivi; una situazione che metteva in crisi il funzionario del tributo proprio per la regola della definitività dell’atto, che consolida, anche dal punto di vista dell’entrata certa, la pretesa.
Per comprendere cosa sta avvenendo in questo spinoso versante del rapporto tributario, bisogna richiamare la disciplina che, con il nuovo intervento normativo, viene completamente abrogata a favore di nuove disposizioni.
La disciplina dell’autotutela abrogata dal D Lgs 219/2023
DL 564/94 Art. 2-quater. Autotutela.
1 Con decreti del Ministro delle finanze sono indicati gli organi dell’Amministrazione finanziaria competenti per l’esercizio del potere di annullamento d’ufficio o di revoca, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati. Con gli stessi decreti sono definiti i criteri di economicità sulla base dei quali si inizia o si abbandona l’attività dell’amministrazione.
1-bis. Nel potere di annullamento o di revoca di cui al comma 1 deve intendersi compreso anche il potere di disporre la sospensione degli effetti dell’atto che appaia illegittimo o infondato.
1-ter. Le regioni, le province e i comuni indicano, secondo i rispettivi ordinamenti, gli organi competenti per l’esercizio dei poteri indicati dai commi 1 e 1-bis relativamente agli atti concernenti i tributi di loro competenza.
1-quater. In caso di pendenza del giudizio, la sospensione degli effetti dell’atto cessa con la pubblicazione della sentenza.
1-quinquies. La sospensione degli effetti dell’atto disposta anteriormente alla proposizione del ricorso giurisdizionale cessa con la notificazione, da parte dello stesso organo, di un nuovo atto, modificativo o confermativo di quello sospeso; il contribuente può impugnare, insieme a quest’ultimo, anche l’atto modificato o confermato.
1-sexies. Nei casi di annullamento o revoca parziali dell’atto il contribuente può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l’atto oggetto di annullamento o revoca alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto purché’ rinunci al ricorso. In tale ultimo caso le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute.
1-septies. Le disposizioni del comma 1-sexies non si applicano alla definizione agevolata prevista dall’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
1-octies. L’annullamento o la revoca parziali non sono impugnabili autonomamente.
Decreto del 11 febbraio 1997 n. 37 Min. Finanze Regolamento recante norme relative all’esercizio del potere di autotutela da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria
Articolo 2 – Ipotesi di annullamento d’ufficio o di rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento
1.L’Amministrazione finanziaria può procedere, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, nei casi in cui sussista illegittimità dell’atto o dell’imposizione, quali tra l’altro:
a) errore di persona;
b) evidente errore logico o di calcolo;
c) errore sul presupposto dell’imposta;
d) doppia imposizione;
e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini di decadenza;
g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
2.Non si procede all’annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria.
La nuova disciplina
La riforma introduce due nuove disposizioni che superano la precedente disciplina dell’autotutela, di cui si dispone l’abrogazione, a favore dei nuovi articoli 10 quater e 10 quinquies, dedicati ai casi di autotutela obbligatoria e di autotutela facoltativa.
Legge 212/2000
Art. 10-quater (Esercizio del potere di autotutela obbligatoria)
L’Amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:
a) errore di persona;
b) errore di calcolo;
c) errore sull’individuazione del tributo;
d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria;
e) errore sul presupposto d’imposta;
f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.
L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.
Con riguardo alle valutazioni di fatto operate dall’Amministrazione finanziaria ai fini del presente articolo, in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo
Art. 10-quinquies (Esercizio del potere di autotutela facoltativa)
- Fuori dei casi di cui all’articolo 10-quater, l’Amministrazione finanziaria può comunque procedere all’annullamento, in tutto o in parte, di atti di imposizione, ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione.
- Si applica il comma 3 dell’articolo 10-quater.
La novità di primo ordine è l’inserimento dei casi di autotutela obbligatoria ovvero quelli che obbligano l’ente impositore ad annullare l’atto ovvero rinunciare all’imposizione, anche senza istanza di parte, anche in caso di atti definitivi purchè entro un anno dalla definitività dell’atto, in presenza dei vizi/errori elencati nello stesso comma 1 dell’articolo 10 quater.
Il comma 2 precisa che l’obbligo non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto per mancata impugnazione.
I vizi indicati dalla norma sono qualificabili come errori manifesti, a confine con l’illecito oggettivo:
a) errore di persona (caso nel quale si commette errore sulla soggettività passiva)
b) errore di calcolo (caso nel quale l’importo richiesto non è matematicamente corretto)
c) errore sull’individuazione del tributo
d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria
e) errore sul presupposto d’imposta
f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza: fattispecie discussa quando si tratta di agevolazione non considerata dall’ente impositore, per una mancanza del contribuente. In tal caso si ammette la sanatoria tardiva, tranne quando la dichiarazione sia prevista a pena di decadenza.
I casi sopra indicati sono, in gran parte, ripresi dal DM 37/97 (che la riforma abroga) con la differenza che, nel nuovo testo, devono essere obbligatoriamente valutati.
Sia nel caso di autotutela obbligatoria sia facoltativa, è presente la norma di attenuazione di responsabilità del funzionario statuendo che, con riguardo alle valutazioni operate in caso di avvenuto esercizio dell’autotutela, la responsabilità di cui all’articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni, è limitata alle ipotesi di dolo.
Il successivo articolo 10 quinquies delinea i casi di autotutela facoltativa, che prevedono l’intervento discrezionale dell’amministrazione pubblica che ha adottato l’atto, quando siano qualificabili come casi al di fuori di quello elencati all’articolo 10-quater, in presenza di una illegittimità o dell’infondatezza dell’atto o dell’imposizione. Ciò significherebbe che, anche gli stessi vizi indicati nell’art. 10 quater contestati oltre i termini dell’annualità, rientrerebbero nell’autotutela facoltativa.
È fondamentale coordinare le nuove disposizioni con le modifiche introdotte sul contenzioso tributario per comprendere che ora il provvedimento di autotutela diventa un atto impugnabile dinanzi alla giustizia tributaria. La modifica coinvolte due importanti diposizioni del d. lgs 546/92, vale a dire, l’articolo 19 e l’articolo 21
Il d. lgs n. 220/2023 di riforma del contenzioso inserisce tra gli atti impugnabili dell’articolo 19, comma 1:
- il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quater della legge 27 luglio 2000, n. 212 (rubricato come lettera g bis)
- il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo 10-quinquies della legge 27 luglio 2000, n. 212 (rubricato con lettera g ter)
Il d lgs 220/2023 interviene in modifica anche sull’art. 21 del d. lgs 546/92, applicando all’autotutela le stesse regole di impugnazione relative al rifiuto tacito al rimborso. Il ricorso contro il rifiuto tacito per i soli casi di autotutela obbligatoria può essere proposto dopo il novantesimo giorno dalla domanda di autotutela presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.
La novità è dirompente perché si traduce nella neutralizzazione del principio di definitività degli atti tributari, dato che potranno essere (ri)messi in discussione mediante il nuovo istituto dell’autotutela, che diventa impugnabile sia nel caso di rigetto, sia nel caso di rifiuto tacito. L’autotutela obbligatoria si colloca a un anno dalla decorrenza dei termini di impugnazione mentre la facoltativa sembra aperta, senza limiti temporali. L’impugnabilità dell’esercizio dell’autotutela, di fatto, indebolisce la definitività della pretesa tributaria, figlia dell’indisponibilità dell’obbligazione tributaria, posta a garanzia dei bilanci pubblici.
Ciò comporta per l’ufficio tributi:
- Intercettare ed analizzare immediatamente le istanze di autotutela al fine del corretto inquadramento (caso di autotutela obbligatoria o facoltativa)
- Nel caso in cui venga erroneamente indicata come ipotesi di autotutela obbligatoria da parte del contribuente, dare riscontro al contribuente indicando la corretta qualificazione della medesima
- Calendarizzare i tempi di risposta in caso di autotutela obbligatoria tenendo presente che, decorsi 90 giorni, matura il silenzio rigetto impugnabile.
- Decidere se adottare o meno il riscontro in caso di autotutela facoltativa, tenuto conto che solo la risposta esplicita è impugnabile
- In caso di rettifica di atto per effetto del provvedimento di autotutela, indicare la possibilità di impugnazione ma solamente in merito all’esercizio dell’autotutela (aspetto diverso dall’impugnazione dell’intero atto nei termini di legge)